L’idea che la Gig economy sia ancora un mondo ristretto ai lavoretti per studenti rimane abbastanza radicata, eppure è ormai chiaro che le forme di occupazione temporanea e su richiesta riguardano un’ampia platea di lavoratori di ogni età.

Questo è particolarmente vero negli Stati Uniti, dove le piattaforme di Gig economy hanno avuto più tempo per farsi conoscere rispetto a quanto avvenuto in Italia. Già nel 2015 si stimava che un Millennial su quattro avesse lavorato come freelance almeno una volta, contro il 15% dei nati nella Gen X e il 9% dei Baby Boomer. Un altro stereotipo, invece, trova maggiori conferme.

Secondo un rapporto Prudential, una società di servizi finanziari, sono proprio i gig worker più giovani infatti, ad esprimere i maggiori livelli di soddisfazione. Il sondaggio, effettuato su un campione di 1.491 lavoratori americani che include 721 gig worker a tempo pieno, mostra che in quest’ultima categoria il 67% dei Millennial afferma di “apprezzare le proprie condizioni attuali” contro il 45% dei nati nella Gen X. L’altra faccia della medaglia vede i Gen Xers più interessati a cercare un lavoro a tempo pieno tradizionale rispetto ai Millennial, con una quota del 24% contro il 20%.

La Gig economy, poi, soddisfa i Baby Boomer più di ogni altra categoria: in questa fascia più anziana i soddisfatti rispetto alla propria condizione arrivano al 75% e solo il 10% si dice interessato a un lavoro tradizionale. Proviamo dunque a rispondere alla domanda:

Perché la Gig economy attira di più le nuove generazioni?

Parte della soddisfazione espressa dai Millennial può essere giustificata da un’evoluzione culturale. Il 62% dei giovani appartenenti a questa generazione ritiene, infatti, che fra un trentina d’anni, il lavoro a tempo pieno tradizionale sarà largamente ridotto e che il 75% dei lavoratori americani sarà freelance (dati provenienti da una precedente ricerca). In qualche modo, dunque, i Millennial accolgono il nuovo.

Un altro aspetto rivelatore sembra essere il seguente: il 40% dei Millennial dichiara di aver iniziato il suo percorso nella Gig economy per avere più tempo a disposizione per altre esigenze. In altre parole, il bilanciamento tra vita privata e professionale risulta assai più importante per questa generazione rispetto a quelle precedenti (il work-life balance ha “motivato” solo il 27% dei Gen Xers e il 32% dei Baby Boomer).

L’elemento più importante della spiegazione, però, sembrano essere le esigenze finanziarie. È noto, infatti che il reddito medio di chi lavora nella Gig economy è inferiore rispetto a quello dei lavoratori a tempo pieno, anche per via di un minore numero di ore lavorate (qui il nostro approfondimento sui guadagni della Gig economy in Italia). Il 63% dei Gen Xers che fanno gig working “a mezz’età”, afferma di fare fatica a far tornare i conti, contro il 49% dei Millennial e il 32% dei Baby Boomer. È inoltre più probabile che i nati nella Generazione X si avvicinino al gig working proprio per esigenze finanziarie: in questa fascia generazionale lo afferma il 59% degli intervistati contro il 28% dei Millennial e il 46% dei Baby Boomer.

Per i soggetti più anziani, d’altro canto, la Gig economy viene vista come un ponte fra la vita lavorativa a pieno regime e il pensionamento. In questo senso, e tenendo conto che raggiunta una certa età è più probabile aver già accumulato una sufficiente sicurezza finanziaria, Prudential scrive che la Gig economy dà il meglio di sé proprio in questa categoria di soggetti più in là con gli anni.

Nel caso dei Millennial la libertà di godere con maggiore flessibilità delle proprie passioni, conciliandole con un lavoro flessibile, rende la Gig economy assai attraente. Tuttavia, chi ancora non ha o ha da poco compiuto 30 anni dispone ancora del tempo necessario per maturare un reddito in grado di sostenere le spese di una vita famigliare. Il caso più problematico sta soprattutto al centro della vita, laddove a fronte di spese più elevate sono anche inferiori le chance di una decisiva svolta professionale.

Fenomeno momentaneo o mutamento valoriale?

In conclusione, solo il tempo rivelerà con maggiore chiarezza se la popolarità della Gig economy tra le generazioni più giovani rimarrà forte anche nelle fasi più avanzate della loro vita. Si comprenderà meglio, allora, se l’ascesa di questo fenomeno è più dovuta a un mutamento culturale e delle scale di valori o se, invece, è riconducibile a una particolare stagione dell’esistenza e alle sue esigenze – e perciò non destinata ad accompagnare in futuro i Millennial di oggi.

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